I dati:
L’Istat raccoglie annualmente informazioni sulla dotazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia attraverso il Censimento delle unità di offerta pubbliche e private, introdotto a partire dall’anno scolastico 2013/2014 come parte integrante dell’indagine sugli “Asili nido e servizi integrativi per la prima infanzia”.
Dal punto di vista della tipologia dei servizi l’offerta educativa per la prima infanzia si compone per circa l’80% di nidi d’infanzia, ovvero gli asili nido tradizionali, istituiti in Italia nel 1971 come “servizi sociali di interesse pubblico” (Legge n. 1044/1971). A questi si aggiungono i nidi aziendali, che coprono il 2% di posti e le “sezioni primavera” (10%), organizzate solitamente all’interno delle scuole d’infanzia, cui possono accedere i bambini dai 24 ai 36 mesi.
L’offerta territoriale:
L'offerta di posti in asili nido in Italia è ancora inferiore al 25 per cento dei potenziali utenti, bassa se confrontata con quella dei principali paesi europei. Lo scorso anno 25mila genitori si sono licenziati per l'impossibilità di conciliare lavoro e cura dei figli piccoli.
Nel 2019 il numero di nascite in Italia ha toccato un nuovo minimo (435 mila). Tra le cause della bassa natalità c'è la difficoltà di conciliare vita lavorativa e familiare.
Una soluzione ottimale potrebbe essere garantita con la realizzazione di asili nido aziendali. Le aziende hanno la possibilità di crearne uno all’interno della propria realtà, stipulare delle convenzioni con asili nido della zona oppure gestire l’asilo consentendo l’accesso anche ai figli di aziende limitrofe, così da mettere in campo un asilo interaziendale. Attualmente però, i nidi aziendali in Italia sono appena 220, di cui 208 al Nord. Nell’elenco spiccano, ad esempio, Nestlè e Ferrero, ma anche Artsana Group, di cui fa parte anche la Chicco, l’Università Bicocca di Milano, la Pirelli, la Ferrari e molte banche come la Deutsche Bank, Unicredit, BNL, Intesa San Paolo e Mediolanum. E infine compagnie telefoniche come Telecom, Vodafone e Wind. Ma in generale, l’offerta di asili nido pubblica è insufficiente.
La normativa:
Nel 2001 viene presentato un ddl nel Piano Nazionale degli Asili Nido che riconosce e tutela la famiglia quale nucleo fondante della società; si impegna a proteggere e promuovere la maternità come valore ed evento di grande rilevanza personale e sociale; e riconosce nelle strutture degli asili nido un importante contributo al sostegno delle famiglie, delle madri lavoratrici e della genitorialità attiva.
Il Disegno di Legge stabilisce, per la realizzazione dei servizi all'infanzia, tradizionali o innovativi, dei modelli di cooperazione tra pubblico e privato, prevedendo lo stanziamento annuale di una quota di finanziamenti da ripartire alle regioni e dunque ai comuni in seguito alla presentazione di progetti.
La volontà che stava alla base di questo Disegno di Legge, era di creare delle condizioni positive per la collaborazione fra pubblico e privato nella realizzazione di servizi per l'infanzia. Collaborazione che si concretizza soprattutto con la creazione di servizi innovativi: Centri Infanzia, Nidi Integrati, Nidi Famiglia, e in particolar modo Nidi Aziendali, intesi come strutture destinate alla cura e all'accoglienza dei figli dei dipendenti di una determinata azienda, o gruppi di aziende (interaziendali), e aventi una particolare flessibilità organizzativa, adeguata ai lavoratori stessi, ma tale da non intaccare i bisogni di crescita psicofisica dei bambini e la qualità del progetto pedagogico.
Il Piano Nazionale degli Asili Nido del 2001, si è concretizzato, in prima istanza, nella pubblicazione dell'art. 70 della legge 28.12.2001 n° 448 (legge finanziaria anno 2002) con cui è stato istituito un fondo per la realizzazione di asili nidi e servizi educativi alla prima infanzia, fissato in:
50 milioni di euro per l'anno 2002, 100 milioni di euro per l'anno 2003, 150 milioni di euro per l'anno 2004, da ripartire fra le regioni per la costruzione di asili-nido e di micro-nidi nei luoghi di lavoro.
La scelta:
Le motivazioni principali che suggeriscono l'opportunità per un'azienda di aprire un asilo aziendale sono plurime, ma si possono riassumere nei seguenti punti:
- impatto sociale sul territorio ed immagine sociale
- fidelizzazione del personale
- miglioramento della qualità della vita delle lavoratrici e dei lavoratori
- possibilità di sviluppo e sostegno alle aspirazioni delle donne lavoratrici attraverso il supporto alla gestione familiare
L'apertura di un servizio all'infanzia rappresenta per l'azienda un'attenzione al contesto sociale in cui opera che la porta a divenire punto di riferimento sul territorio.
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